In esposizione alla Reggia di Venaria, la mostra “La fragilità della bellezza” nasce nell’ambito della diciottesima edizione del programma “Restituzioni” di Intesa SanPaolo. Un plauso va ai due curatori del progetto, Carlo Bertelli e Giorgio Bonsanti, che son riusciti a stupire i visitatori con tante opere. La mostra copre un arco cronologico di quasi 40 secoli, dando un panorama del patrimonio artistico italiano. Tra le opere esposte, da segnalare per la sua immensa bellezza,  è “Il Paiotto”. Quest’opera proviene dalla Chiesa di San Filippo Neri di Torino ed è stata restaurata dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”. Una vera e propria squadra è la protagonista di questo intervento: Michela Cardinali (direttore tecnico), Paolo Luciani (responsabile dell’intervento), Francesca Coccolo, Lorenzo Dutto, Bianca Ferrarato, Andrea Minì, Valentina Tasso, Francesca Zenucchini (pulitura laser),con la direzione di Stefania De Blasi (Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”), Mario Epifani (Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino). Il Paliotto è uno dei rari arredi realizzati dall’ebanista torinese Pietro Piffetti per un edificio ecclesiastico. Questo straordinario apparato, composto da cinque elementi assemblati (una contromensa, due ali laterali, un controtabernacolo e un baldacchino con Crocifisso), fu concepito per l’altare maggiore della chiesa torinese dedicata al fondatore della Congregazione dell’Oratorio.

Abbiamo intervistato la restauratrice Valentina Tasso, che ha fatto parte del gruppo di lavoro  per il restauro dell’opera.

“E’ stato un restauro abbastanza complesso, in quanto opera polimaterica, cioè vede interessati diversi materiali che si muovono e si comportano in maniera diversa, tra cui madre perla, avorio e ottone. Un restauro molto interessante, perché ha visto protagoniste diverse professioni nel campo dell’arte, ovvero lo storico, che ne ha studiato la storia, i restauratori che si sono occupati del restauro tecnico, gli scientifici che hanno scoperto i materiali con cui avevamo a che fare e alcuni tecnici del laser che hanno provveduto alla pulitura degli ottini di cui è composta l’opera”.

Un lavoro di squadra che ha portato ad un recupero davvero straordinario: “Abbiamo lavorato in equipe, composta da 6 restauratori, per circa 3 mesi. Ogni opera di Piffetti è una soddisfazione, soprattutto questa che è una delle sue massime opere, che ho studiato e vista sui libri per me è stata una soddisfazione immensa e me la porterò sempre nel cuore”, ha raccontato emozionata, Valentina Tasso.