Di certo impone prudenza ed è un rinnovato invito alla  prevenzione dell’obesità, principale causa diabete di  tipo 2, attraverso un sano stile di vita, fatto di dieta  equilibrata e di tanta attività fisica Roma, 30 marzo 2022 –  La notizia sta rimbalzando su tutti i media internazionali.   Uno   studio   osservazionale   danese,   pubblicato   su‘ Annals   of   Internal   Medicine’   suggerisce   che   gli   uomini   che assumono   metformina   nei   tre   mesi   prima   del   concepimento, avrebbero un aumento del 40 per cento del rischio di avere figli con difetti congeniti a carico della sfera genitale. Un allarme non da poco se si considera che la metformina è uno dei farmaci più utilizzati per il diabete tipo 2, indicato come prima scelta in tutte le linee guida nazionali e internazionali. Ma è un allarme veramente giustificato?
“Questo studio – commenta il professor Giorgio Sesti ,presidente della Società Italiana di Medicina Interna SIMI – ricorda molto una storia di qualche anno fa, su un allarme per l’insulina glargine che sembrava essere associata ad un aumentato rischio di tumore, salvo poi essere totalmente smentita in trial randomizzati e in altri studi osservazionali. È bene ricordare sempre che i risultati degli​ studi osservazionali possono essere inquinati da una serie di fattori confondenti e che non indicano pertanto mai un rapporto certo di causa-effetto. Prudenza sì dunque, allarme no”.
La ricerca è stata condotta in Danimarca utilizzando i dati dei registri nazionali relativi a oltre 1 milione di nati tra il 1997 e il 2016; tra questa ingente mole di dati, gli autori dello studio sono andati a fare un confronto tra i padri a cui era stata prescritta terapia con metformina e quelli in terapia con altri anti-diabetici(i padri erano tutti under 40, mentre le madri erano tutte under 35) alla ricerca di differenze nella presenza di difetti congeniti nei figli. Il periodo dei tre mesi non è stato scelto a caso, perché è il tempo che il seme impiega a maturare. I risultati dello studio indicano che la frequenza dei difetti genitali congeniti nei bambini nati da padri in terapia con metformina nei tre mesi precedenti il concepimento era del 4,6%, contro il 3,1% (insomma una differenza del 40%) nei figli  di  padri diabetici  in  terapia  con  altri farmaci;  questo sbilanciamento non si evidenziava nei padri che avevano sospeso la metformina tre mesi prima il concepimento, né in quelli a cui era stata   prescritta   dopo   la   finestra   dei   tre   mesi    necessaria   alla maturazione degli spermatozoi. I difetti congeniti che mostravano una   differenza   statisticamente   significativa erano solo  quelli  a carico dei genitali esterni nei maschietti. Una possibile ipotesi, tutta però da verificare in studi caso-controllo futuri, potrebbe essere un’alterazione dei livelli di testosterone, possibilmente indotta da terapia anti-diabetiche orali. Ma allora come considerare questi risultati e cosa fare in pratica?
“Un adeguato counselling  pre-concepimento con il medico è sempre indicato   nel   caso   del  diabete,   per   la   madre   e   per   il   padre, soprattutto se il compenso glicemico non fosse ottimale e nel caso in cui si assumano dei farmaci. Va ribadito tuttavia che questo studio è di tipo osservazionale e dunque indica solo la presenza di un’associazione, ma non un rapporto di causa-effetto. Ciò significa che a determinare questa differenza potrebbero aver contribuito una serie di altri fattori. In particolare, in questo lavoro non si tiene​  conto del controllo glicemico, per cui l’aumento di malformazioni genitali osservate in alcuni neonati potrebbe essere un fenomeno legato   piuttosto   all’iperglicemia   o   ad   una   scarsa   aderenza   alla terapia anti-diabetica; ragione in più per non sospendere la terapia, senza aver prima consultato il proprio medico. I dati analizzati in questa ricerca inoltre si riferiscono alle ‘prescrizioni’, ma manca un controllo puntuale sulla effettiva ‘assunzione’ dei farmaci. Inoltre, i bambini che erano stati esposti alla metformina paterna erano quelli nati da genitori tendenzialmente più anziani e con uno stato socio-economico inferiore, fatto che ad esempio potrebbe avere contribuito ad una maggiore esposizione ambientale agli ftalati; insomma altri due possibili fattori confondenti (età genitoriale e stato   sociale)   che  possono determinare  un  maggior  rischio   di comparsa di difetti congeniti. Di certo tuttavia, quello evidenziato dallo studio danese è un fenomeno di cui tener conto, anche alla luce del fatto che l’età alla diagnosi di diabete tipo 2, un tempo chiamato dell’adulto (o addirittura dell’anziano) si va abbassando sempre più a causa della pandemia di obesità, che è il maggior determinante   appunto   della comparsa   di   diabete   tipo   2.   Questo studio dovrebbe dunque fornire un motivo in più per fare una sana prevenzione del diabete tipo 2, attraverso dieta e attività fisica. Per evitare di dover prendere farmaci, soprattutto quando si progetta di mettere in cantiere una nuova vita”.

 

             prof. Giorgio  Sesti