Come dei semplici tifosi. In taluni casi come dei veri e propri ultras che non vedono nulla oltre la propria bandiera. Senza capacità critica, senza conoscenza e volontà di approfondimento. Senza la benché minima voglia di confrontarsi soprattutto con chi la pensa nell’altro modo.

E soprattutto senza rispetto. Anche e soprattutto del ruolo istituzionale che si riveste. Con l’intento da un lato di mettere in cattiva luce colui che manifesta un’idea diversa per rendere meno credibile ciò che sostiene; e dall’altro, come diretta conseguenza, quella di influenzare quante più persone per portarle verso il proprio pensiero. Per creare affiliazione di massa. Per imbonire. Per il mero consenso elettorale. Che si tratti e parli di Tav, piuttosto che di una meravigliosa nuova Metro che si parcheggi sotto casa (e chi potrebbe dire di non volerla?) l’atteggiamento è identico. La strategia idem. Fazioni contrapposte che si sfidano a colpi di ‘occupazioni’ di piazza. Per vendere messaggi di forza. Non certamente intellettiva e di conoscenza. Ma esclusivamente di tipo elettorale. E non è certo un caso che determinate sensibilità sopite da tempo vengano palesate e bandiere vengano rispolverate in avvicinamento a prossime imminenti scadenze elettorali. Ci si sfida a colpi di interrogazioni, comunicati stampa, post e foto finte e costruite; l’importante è far credere e far passare il proprio messaggio.

Diventa quindi dominante (quando invece sarebbe quanto mai opportuno ragionare sul merito con analisi concrete e non interessate sulla bontà o meno dell’opera) chi e se indosserà la fascia tricolore: il sindaco, il suo vice, un delegato, il portinaio (ogni sindaco di qualsiasi colore, una volta eletto, non afferma di essere il sindaco di tutti?) Evidentemente con la fascia, che probabilmente fa assumere super poteri ai comuni mortali non comprensibili, si riuscirà ad urlare con maggior vigore il dissenso. Oppure – come credo – è anche o solo per fare notizia. Si rivendicano diritti inalienabili sulla presenza di un gonfalone della città, a Torino come a Venaria, sottolineando e ricercando questo premio di primogenitura sul fatto di essere parte integrante da sempre del movimento di protesta contro la TAV. “Mica siamo come voi che siete lì da due settimane”, nei giorni scorsi ha scritto in una nota il sindaco venariese anticipando la risposta ad una interrogazione e riferendosi ai SìTAV.

Può essere questo il livello del confronto fra posizioni legittime e diverse? Oppure questa rappresaglia fa parte del tradizionale teatrino mediatico che si inscena sulla pelle dei cittadini? Si creano aspettative e false illusioni, in Puglia, piuttosto che in Valsusa, cittadini inconsapevoli attori non protagonisti che partecipano ad una sorta di soap opera. Diventano come un interruttore, da accendere e spegnere a seconda del bisogno. In perfetto stile prima repubblica, per raccattare voti. Non si è ancora spento, infatti, (indistintamente da destra, dal M5S, dalla sinistra, da FI, dalla Lega, dal PD) l’eco delle promesse elargite, e ancora da mantenere, l’ultimo 4 marzo che già ne sono in rampa di lancio altrettante. È fondamentale avere una visione, un’idea di comunità a livello locale, del Paese Italia su dimensione nazionale, ma ciò non equivale ad essere visionario.

È giusto che ognuno di noi abbia in cuor suo dei sogni, ma far sognare la gente non può voler dire continuare a prenderli per il culo.